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questo articolo è stato pubblicato il 21/03/2017 sul blog di Roberta Panzeri

A seguito dell’articolo sulle aree italiane in via di spopolamento, mi è sorta la curiosità di vedere cosa succede in Spagna, paese con gli stessi problemi di invecchiamento della popolazione che ha l’Italia.

La Spagna ha una densità abitativa molto più bassa di quella italiana, se consideriamo che nel 2016 la popolazione totale spagnola ammontava a 46.445.828 abitanti su una superficie di 504.645 km², mentre nello stesso anno l’Italia aveva una popolazione complessiva di 60.665.551 abitanti su un territorio di 301.3401 km² (poco più della metà di quello spagnolo), dando origine ad una densità di 212 ab./km² contro i 92 ab./km² della Spagna, come si può vedere qui.

Forse anche per questo motivo, la Spagna soffre ancor più dell’Italia il fenomeno dello spopolamento dei paesi.

Per farsi un’idea della questione può essere utile guardare l’impressionante mappa riportata nell’articolo del País “La mitad de los municipios españoles está en riesgo de extinción” uscito il 6 febbraio 2017 che informa in modo visivo della situazione, segnalando in rosso i comuni con meno di 1.000 abitanti e in bordeaux quelli con meno di 100 abitanti.

Scopro con sorpresa che ci sono persino dei veri appassionati dei paesi disabitati, come per esempio Faustino Calderón, che ha dato vita ad un blog che raccoglie e fornisce informazioni per coloro che desiderassero fare delle escursioni o delle passeggiate alla scoperta dei paesi disabitati.

Quella del progressivo spopolamento soprattutto dei centri rurali, però, non è una notizia completamente nuova, poiché il 23 agosto del 2016 era già uscito un articolo che riportava la mappa dei comuni meno abitati “El mapa de los municipios menos habitados“.

Certo è che, almeno fino a qualche anno fa, quello dei paesi disabitati e della possibilità che qualcuno potesse essere interessato ad abitarli, era un tema che evidentemente si affrontava solo in piena estate, dal momento che, come il precedente, tutti gli articoli relativi a questo tema uscivano ad agosto!, come si può vedere negli articoli qui di seguito riportati:

6 agosto 2006 “Se busca inmigrante para repoblar“. In questo articolo fa persino sorridere (per non dire che fa arrabbiare) l’ingenuità con cui viene descritta l’idea del sindaco di poter disporre della vita di persone extracomunitarie per risolvere un problema locale, senza però preoccuparsi del benessere e delle necessità dei nuovi arrivati. Nell’articolo c’è scritto testualmente: “Così è volato in Argentina e ha portato indietro 10 famiglie”, come fossero dei pacchi!

28 agosto 2010 “Castelnou busca desesperadamente vecinos: abstenerse los que huyen de la ciudad“. In questo caso, la proposta è rivolta più o meno esplicitamente solo a migranti spagnoli.

14 agosto 2008 “Inmigrantes para pueblos vacíos“. Per fortuna con il passare del tempo, il problema è stato affrontato con una maggiore sensibilità, appoggiandosi a organizzazioni che hanno una lunga traiettoria di lavoro con i migranti e che conoscono molto bene le difficoltà che possono derivare da un viaggio migratorio e associarsi all’installazione in una nuova società, come la Fundación Cepaim

Ultimamente, il modello di Riace sta cominciando ad essere conosciuto anche al di fuori dell’Italia, come viene riportato in questo articolo del 16 ottobre 2015 su Euronews “Repoblar los pueblos abandonados con refugiados, ¿utopia o realidad?“, anche se non si perde l’occasione per segnalare che è un modello con dei limiti (come tutti i modelli non ancora del tutto rodati, mi verrebbe da dire!).

Mi fa piacere segnalare inoltre che in Spagna la Fundación CEPAIM ha dato il via ad un progetto chiamato Nuevos Senderos, per l’integrazione di famiglie migranti in zone rurali in via di spopolamento, come riportato in un articolo del 17 marzo 2017 sul País “Inmigrantes para salvar la España que se muere” e ripreso poi il 20 marzo 2017 su La crónica de Guadalajara con un pezzo dal titolo “Se buscan inmigrantes para repoblar los pueblos deshabitados de la provincia“.

Inoltre, il Colegio Oficial de Psicologia de Catalunya (COPC) sta intraprendendo un progetto pilota per l’accoglienza dei rifugiati nelle zone rurali colpite da spopolamento.

Per sfatare qualsiasi mito, comunque, credo sia utile sottolineare che non si tratta di soluzioni miracolose, senza difetti e di facile implementazione, ma pur sempre di progetti perfettibili. É proprio per questo che c’è ancora molto lavoro da fare!

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